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Tu chiamami, se vuoi, “animalicida

Posted on October 07, 2014 in Commenti

Matteo Brogi: Tu chiamami, se vuoi, “animalicida”

La cultura dominante ha portato alla personalizzazione degli animali (ne sono complici anche certe rappresentazioni disneyane della natura) che poco porta di buono; porta, ad esempio, a definire certe specie come “persone non-umane” (definizione elaborata dal Ministro dell’Ambiente e delle Foreste indiano a proposito dei delfini) o a ipotizzare neologismi come “animalicidio”, a sottolineare il parallelo tra l'uccisione di un animale e quella di un uomo (il termine “animalicidio” è comparso sulla homepage dell'edizione online del Corriere della Sera dell'11 settembre a proposito dell'abbattimento dell'orsa in Trentino). Se la prima definizione è stata coniata con evidente spregio del ridicolo, la seconda è assai più subdola e pericolosa in quanto si fa forte niente di meno che del Codice Penale che, all'articolo 544 bis introdotto nel 2004, parla di “delitti contro il sentimento degli animali”.
Non ne faccio una questione filologica, se sia giusto o meno stuprare la lingua italiana fino a questi limiti. Mi preoccupano i cascami ideologici che certi equilibrismi linguistici fanno passare nella nostra cultura occidentale. Mi preoccupa l'elaborazione di teorie come quella dell'antispecismo, riassumibile come la dottrina che “respinge quella basata sulla specie, sostenendo che la sola appartenenza a una specie diversa da quella umana non giustifichi eticamente il diritto di disporre della vita, della libertà e del lavoro di un essere senziente. Gli antispecisti lottano affinché gli interessi degli «animali non umani» - altra definizione degna di una risata - vengano considerati fondamentali tanto quanto quelli degli umani, cercando di destrutturare e ricostruire la società umana in base a criteri ecocentrici che non causino sofferenze inutili, e di per sé quindi evitabili, alle altre specie viventi e al pianeta”. Molto più semplicemente mi preoccupa quel sentimento diffuso di accondiscendenza verso una cultura che ha perso di vista l'uomo e, se vogliamo, il suo spirito, e cerca di scardinare i principi della nostra civiltà. Mi preoccupano gli intolleranti in nome della tolleranza. Mi preoccupa questo corto circuito intellettuale che sta annientando la nostra civiltà. Mi preoccupa chi pone l'animale sullo stesso piano dell'uomo. Poi, però, vado a caccia e mi rassereno.


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